Quando Valenza era “’na prèja presiusa” cioè una gemma… del Monferrato!

Quando Valenza era “’na prèja presiusa” cioè una gemma… del Monferrato!

Ha stupito, come sempre, Papa Francesco quando ad inizio anno ha detto “il dialetto è la lingua intima delle coppie, usatelo con i figli” ed effettivamente quei suoni famigliari rischiano di essere persi non solo nel gergo quotidiano ma con i nonni e gli amici al bar.

Lo Statuto della Regione Piemonte all’art.7 sottolinea l’importanza delle comunità locali “La regione difende l’originale patrimonio linguistico, di cultura e di costume delle comunità locali e ne favorisce la “valorizzazione”.

Ed è proprio in questo ambito che si colloca il prezioso lavoro di Nino Verità, stimato imprenditore orafo ed ex consigliere comunale della “Capitale del gioiello”, che ha donato un contributo eccezionale con il suo Dizionario Enciclopedico del Dialetto Valenzano.

Il dialetto era parlata quotidiana quando si passeggiava nella “Cuntrà Granda” cioè Corso Garibaldi di Valenza. Andare in riva al Po e vedere i pescatori sui loro “barcè” era normale e quelle piccole barche di legno a fondo piatto contenvano già un pescato che lasciava immaginare una grigliata in baracca, cioè le costruzioni in riva al fiume, di appoggio alla pesca e alle scampagnate. Cose non comprensibili ai “furest” a coloroc he provenivano da altri paesi, magari anche solo dalle montagne di Caldirola.

L’avvento della tecnologia ha abbattuto distanze e normalizzato linguaggi “al telegrafo e al telefono aj an scursà al luntanansi” e meno male ma quei suoni dialettali cullavano le nostre domeniche dai nonni. E’ quindi importante sostenere percorsi culturali dialettali perché “ognidù an tal so vilagi al deiv avej la gelusija ad spigas cun al so linguagi.” (ognuno nel suo paese dovrebbe tenerci ad esprimersi in dialetto).